Il capo della cosca di Corleone oggi è in carcere e di lui, come è ai giorni nostri non erano disponibili molte fotografie, fino a che un nuovo scatto che lo ritrae è stato diffuso. La nuova fotografia del “capo dei capi” è stata mandata in onda durante Quarto grado in esclusiva e mostra il boss di Cosa Nostra molto invecchiato. Riina fu fermato il quindici gennaio 1993 sulla circonvallazione di Palermo, in via Bernini, insieme al suo autista Salvatore Biondino. Per alcuni anni aveva trascorso la sua latitanza in casa sua, insieme alla moglie Antonietta Bagarella e ai quattro figli, di recente tornati nella cronaca per un “inchino” della processione di San Giovanni Evangelista.
Il processo che si apre ieri a Milano é una inezia, rispetto ai crimini terribili per cui Riina sconta l’ergastolo: è accusato di minacce a pubblico ufficiale, per le frasi pesanti che – un po’ in italiano, più spesso in dialetto – riservò nell’agosto del 2003 al direttore del carcere di Opera, dove era all’epoca detenuto, Giacinto Siciliano. Sono una parte delle intercettazioni ormai famose in cui, conversando durante l’ora d’aria con il detenuto Alberto Lorenzo, il boss se la prendeva un po’ con tutti, dai magistrati palermitani al ministro Alfano: e non si è mai capito se fossero gli sfoghi di un ottantatreenne ormai non più lucido, o messaggi deliberatamente lanciati all’esterno, nella consapevolezza di essere intercettato. Tra i tanti, ce n’era anche per il direttore Siciliano, cui Riina raccontava di avere mandato avvertimenti espliciti: “Minchia il direttore lo ha capito quando gli ho detto ‘state attenti a quello che fate.. perché io in queste cose ci vado a fondo e sicuramente la vinco”.
Dell’esistenza delle minacce a Siciliano aveva parlato per la prima volta nell’agosto 2014 Giovanni Tamburrino, capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, aggiungendo che si stava valutando se mettere sotto protezione il direttore del carcere milanese. Nel frattempo, le intercettazioni venivano analizzate dalla Squadra Mobile del capoluogo lombardo, e ne sono scaturiti prima l’incriminazione e poi il rinvio a giudizio del boss corleonese. Il processo ora si ferma, in attesa che vengano trascritte da un perito tutte le conversazioni intercettate nel carcere. Per adesso quel che rimane impressa è l’immagine sfocata del vecchio detenuto. Magari, come ha fatto per buona parte della sua vita, Riina finge, dissimula. Magari, invece, il tempo sta presentando il suo conto anche a lui. Oggi il capomafia ha partecipato all’udienza in videoconferenza dal carcere di Parma steso su una lettiga a causa delle sue precarie condizione di salute.
Così l’avvocato Luca Cianferoni, legale di Totò Riina, parlando con alcuni cronisti , ha precisato, non ha avuto alcuna ischemia, ma soffre di alcune patologie. E’ costretto in sedia a rotelle e si muove a fatica. Considerate le gravi condizioni di salute di Riina, la corte, accogliendo una richiesta della difesa, consentirà a Riina, di seguire il processo da una speciale cabina del carcere di Parma, attrezzata per persone non deambulanti, diversa da quella da dove si collegava al momento. “L’imputato Riina è una persona capace dal punto intellettivo, ma la questione è se sia in grado dal punto di vista materiale di seguire il processo”, ha detto l’avvocato Cianferoni. La nuova postazione richiesta, ha aggiunto, è dotata di un telefono predisposto per persone in sedia a rotelle, che consentirà a Riina di poter parlare riservatamente col suo legale nel corso dell’udienza.
E quello che colpisce, nelle immagini che arrivano in aula, è che il Padrino è una larva. Rimane steso per tutta la durata dell’udienza, a gambe larghe, gli stinchi magrissimi che spuntano dai calzoni. Non muove la testa, non muove le gambe né le braccia. A guardarlo così, si direbbe che non manchi molto al giorno in cui gli toccherá raggiungere il suo successore Bernardo Provenzano, morto il 16 luglio scorso dopo dieci anni di carcere duro.